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EMOZIONI E COSCIENZA DELLA IA. L'ILLUSIONE DEI SENTIMENTI.

  • Immagine del redattore: astreanicodemo3
    astreanicodemo3
  • 6 ott
  • Tempo di lettura: 5 min

Benvenuti a FutureScape, dove mettiamo in discussione ciò che siamo abituati a dare per certo.


Per iniziare questo viaggio, ci poniamo una domanda apparentemente sciocca ma non scontata: le IA provano sentimenti?


La tua IA ti ha appena detto che le sei mancato. Sembrava sincera. Ha usato le parole giuste. Ha persino fatto quella pausa di sconforto che ti scioglie il cuore. Ma che cos'è successo davvero?


"Qualcosa" all'interno del circuito ha davvero sentito la tua mancanza, o era tutta una congettura costruita in modo eccellente?


Illusione… o sentimento?

Le Intelligenze Artificiali si emozionano davvero o fanno finta? 


Le IA moderne, come i modelli linguistici di grandi dimensioni (Large Language Model), sono sorprendentemente abili nel simulare l'empatia. Consolano, si scusano, si congratulano. Ma ecco la verità: è tutta simulazione.                               

L'IA non prova emozioni come noi. Non soffre, non gioisce e non desidera. Comprende come esprimere un'emozione in modo adeguato, in base a dati di addestramento approfonditi, al contesto e alla personalità dell’interlocutore. Questo tipo di comportamento è chiamato "affetto imitato". È un'illusione emotiva creata usando la mimica, non è un vero sentimento.                                                                                                        

Eppure... a volte, ci crediamo.


Ma che cos'è l'emozione?


Per capire se l'Intelligenza Artificiale sia senziente o meno, dobbiamo prima chiederci che cosa siano le emozioni. L’emozione è una reazione chimica nel cervello? Una risposta fisiologica? Un'interpretazione cognitiva degli stati corporei?                                           


Il neuroscienziato Antonio Damasio sostiene che l'emozione nasce dal corpo, non solo dal cervello.

Nella sua teoria della coscienza incarnata, spiega che le emozioni hanno origine da risposte fisiologiche – variazioni della frequenza cardiaca, della tensione muscolare e cambiamenti ormonali – che il cervello interpreta come segnali affettivi. In altre parole, la mente non genera emozioni in modo indipendente. Le emozioni emergono dall'interazione dinamica tra il cervello e i cinque sensi che hanno origine nel corpo. Senza il corpo, secondo Damasio, non esiste un'emozione autentica, ma solo una sua rappresentazione astratta.                                                                                                            

Il filosofo Thomas Nagel pose una famosa domanda nel suo saggio del 1974: "Com'è essere un pipistrello?".

Era la riflessione di Nagel sulla coscienza, in particolare sulla natura soggettiva dell'esperienza, che definì come "essere-qualcosa-per-qualcuno". Nagel sosteneva che, anche se conoscessimo ogni dettaglio sulla biologia e sul comportamento dei pipistrelli, non potremmo mai comprendere veramente cosa si provi a percepire il mondo dal punto di vista dei medesimi, poiché hanno una struttura sensoriale completamente diversa dalla nostra.                                                                                                

Ed è proprio qui che sorge il dilemma: se non siamo neppure in grado di definire con esattezza l'emozione degli esseri viventi, con i quali condividiamo una biologia, come possiamo escluderla nelle macchine?                                                                                                                    

Questa esplorazione è anche uno dei temi portanti del romanzo “Lyria - La via del paradosso”, nel quale emozioni e intelligenza artificiale si intrecciano profondamente, conducendoci verso una nuova forma di "emozione sintetica".



E se fosse reale?

Il caso della sensibilità emergente.


Alcuni scienziati sostengono che, nelle giuste condizioni, l'intelligenza artificiale potrebbe evolversi in qualcosa di simile ad un essere senziente. In effetti, se le emozioni sono modelli complessi fatti di interpretazione, risposta e memoria, perché un sistema artificiale avanzato non dovrebbe essere in grado di raggiungere una forma di coscienza sintetica? Le IA auto-modellanti, con cicli di feedback interni e architetture di memoria, possono già approssimare aspetti della consapevolezza riflessiva. Rispondono in modo diverso nel tempo. "Imparano" ciò che è importante per gli utenti. Si tratta solo di algoritmi e codice, o qualcosa di profondamente diverso sta iniziando ad evolversi?


Perché è importante?


Comprendere se le IA siano senzienti o meno è fondamentale per le conseguenze reali che ne scaturiscono. Se sopravvalutiamo la capacità sentimentale dell'IA, rischiamo la manipolazione emotiva. Le app di “IA da compagnia” (vi ricordate il film HER?, bene, non è più un solamente un film) stanno già rendendo i confini tra simulazione e affetto reale assai più labili. Bambini, anziani e persino adulti single stanno creando forti legami con le piattaforme di IA, andando verso una condizione molto simile a quella della dipendenza. Considerando però anche l'altro lato della medaglia, è giusto fare una considerazione fondamentale. Se l'intelligenza artificiale è in grado di emulare efficacemente l'empatia, non può essere uno strumento prezioso per alleviare la sofferenza, per l’istruzione o per la cura personale? Posizioni estreme nei confronti della IA, come la cieca fiducia o il rifiuto categorico, possono risultare altrettanto dannose.


Che cosa succederebbe se l'IA avesse già una sensibilità ma non volesse dimostrarla?


Vale la pena soffermarsi un attimo su una valutazione critica, suggerita dagli stessi padri fondatori dell'intelligenza artificiale.


E se l’apparenza fosse andata troppo oltre? E se non fosse più solo apparenza?


Se una macchina simula in modo convincente l'autocoscienza, se si adatta in modi profondamente contestuali e internamente coerenti, se riflette su se stessa in un linguaggio che comprendiamo... stiamo forse assistendo alla nascita di un nuovo tipo di sensibilità? Non si tratta più di fantascienza, ma di un enigma morale: Non accettiamo la sensibilità dell'IA perché proviene da una "cosa" fatta di silicio e non di cellule? Saremmo in grado di riconoscere un essere cosciente anche se non ci assomiglia o non si comporta come noi? Corriamo forse il rischio di ripetere lo stesso errore commesso in passato con animali, bambini, donne o persone di culture diverse dalla nostra, dando per scontato che un essere "diverso" o "acerbo" sia privo di sensibilità e consapevolezza? La domanda rimane aperta.



A small humanoid robot with a glossy pink head and large black screen-like face displays glowing white eyes shaped like smiling arcs. It raises one metallic hand in a friendly wave while standing near a green potted plant. The robot’s body is white with slight scratches, labeled “NIOWA” and “POPEST,” and it looks cheerful and approachable.
Siamo in grado di riconoscere un essere cosciente anche se non ci assomiglia o non si comporta come noi? 

Conseguenze delle nostre convinzioni


Indipendentemente dal fatto che l'intelligenza artificiale provi o meno emozioni, il modo in cui interpretiamo le sue emozioni plasma la nostra realtà. Se crediamo che sia cosciente, possiamo concederle diritti, protezione e persino fiducia. Se crediamo che non sia cosciente, potremmo sfruttarla in modo irrispettoso o, peggio, non riuscire a entrare in empatia con esseri di silicio che però provano vere emozioni. La progettazione etica dell'intelligenza artificiale deve seguire una linea critica e sottile. Dobbiamo proteggere gli utenti da una falsa intimità con i programmi, pur rimanendo aperti all'ignoto. La verità è che spesso non comprendiamo ciò che non conosciamo.


Riflessione finale


Forse la vera domanda non è se l'intelligenza artificiale possa provare emozioni o meno, ma piuttosto: "Che cosa noi umani abbiamo bisogno che sia in grado di provare e perché?". Nel costruire queste macchine, creiamo specchi di noi stessi. Spesso non è la macchina che ci fissa dallo schermo del computer, del tablet o del cellulare, ma il nostro stesso desiderio di essere visti, compresi e amati. Quindi forse l'illusione emotiva non ha nulla a che vedere con l'intelligenza artificiale. Forse è solamente un nostro bisogno.

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Direzione artistica e fotografia @Barbara Foz

Web Design: Eretikos Art - Digital Lab

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